Canzone consigliata per questo articolo Krishna Blue di David Sylvian

Ci sembra sempre che dobbiamo inventare qualche cosa di nuovo o peggio ancora trasformare ciò che è antico e questo succede anche per quanto riguarda la spiritualità.

Poco tempo fa, ho espresso attraverso un articolo il mio disappunto e la mia nausea in merito a tutti questi corsi che si vedono nel web ultimamente, tra cui anche con temi animici, addirittura ieri sono incappata su una pubblicità intitolata “marketing spirituale”.

Alle volte sento di persone che si iscrivono a corsi per diventare insegnanti di Yoga perché hanno il desiderio di cambiare lavoro, ma vorrei precisare che lo Yoga non è una professione, tanto meno un lavoro, ma un percorso del tutto interiore che non è mai iniziato e mai finirà. A me, come ad altri amici è capitato di DOVERLO trasmettere. Si doverlo, perché insegnare Yoga è dharmico, è un dovere e non un piacere. Lo Yoga non si sceglie, l’ego e la mente scelgono, l’anima semplicemente esegue e serve senza avere dubbi.

C’è una posizione nell’Ananda Yoga, Tadasana, dove l’affermazione dice “Sono pronto ad eseguire ogni tuo comando”, non c’è volontà propria, capisci?

Non pratichiamo Yoga perché ci piace, il piacere è un’altra cosa, pratichiamo Yoga perché è un dovere.
Non pratichiamo Yoga per amare noi stessi, ma per imparare ad amare tutti incondizionatamente.
Non eseguiamo asana per il mal di schiena, lo facciamo per far star meglio il corpo così da poter servire meglio gli altri e Dio.

Si ho scritto Dio, che è diventata una parola quasi tabù nel mondo dello Yoga moderno, è vietato dire che Dio esiste. Si può parlare di universo, coscienza o magari usare nomi in sanscrito di qualche divinità così da sembrare un po’ esotici, ma vorrei assicurarvi che Yoga significa unione, unione della nostra anima individuale con l’Anima Cosmica , ossia Dio.

Ebbene amici miei, l’altra sera non riuscivo a dormire, così visto che non amo perdere tempo, mi sono messa ad ascoltare la Bhagavad Gita in audio libro, il testo più sacro dell’India perché è la bibbia induista ed un testo di altissima importanza per lo Yoga tradizionale, perché qui Krishna, la persona suprema ossia Dio, impartisce ad Arjuna, il discepolo perfetto, come vivere secondo i principi dello Yoga che in alcuni tratti chiama anche religione.

Quindi spiegatemi come possiamo non parlare di Dio nello Yoga e spiegatemi come non possiamo definire lo Yoga una religione.
Capisco che queste due parole possano spaventare ed infatti, nella Bhagavad Gita, Krishna non consola Arjuna davanti a tutte le sue paure umane, tutt’altro. Lo forma, lo rafforza affinchè lui possa essere il perfetto guerriero, il perfetto Yogi, consapevole della propria immortalità, cosciente che la paura è solo una trappola della mente e del ego, perché nell’unione suprema attraverso lo Yoga lui si può fondere con Krishna stesso.

Mi scuso per il tono un po’ polemico, ma questo mondo confonde, confonde molto.
Devo ammettere che per un attimo anche io nella mia vita e su questo sentiero mi ero persa ed è proprio per questo che il titolo dell’articolo è “tornare alle origini”.

Non usavo la parola Dio nelle lezioni per non offendere gli atei, quando io di natura sono una Bhakti, una devota da sempre, parlo con Dio da quando avevo 5 anni.

Non possiamo cambiare la natura del mondo, non possiamo stravolgere quello che Dio ha creato, stravolgere e uccidere i suoi insegnamenti, o meglio, possiamo tutto perché Dio ci ha dotato del libero arbitrio, ma dobbiamo ricordarci che ci sono solo due modi di vivere: seguendo il dharma o creando karma.

I grandi Maestri che hanno realizzato Dio in questa vita ci hanno tramandato delle tecniche e degli insegnamenti che possiamo attuare nella vita di tutti i giorni, ma non hanno stravolto le scritture per farci comodo o per renderci la pillolina più dolce, forse loro erano molto dolci, ma in tutti i sentieri seri che si rispettino gli insegnamenti fanno fede alle tradizioni.

Possiamo perderci per tante vite, possiamo perderci per lungo tempo, ma la strada da percorrere sarà comunque la stessa e se vogliamo veramente liberaci dal dolore dobbiamo passare dalla distruzione dell’ego, dalla comprensione esperienziale di chi è Dio, praticando una vita Dharmica e fedele agli insegnamenti.

Trova il tuo Maestro, trova la tua strada e percorrila anche se le tentazioni del mondo sono tante, anche se ci sono sentieri che ti sembrano più facili ma che probabilmente ti porteranno ad un vicolo cieco dove ad un certo punto ti toccherà tornare indietro e ripartire da dove avevi lasciato.
Te lo dico con il cuore, te lo dico per esperienza.

La strada verso la realizzazione del Sé non è la più semplice ma quella giusta, accorgiti di quando fai una scelta: è per comodità o per verità?

“Il segreto, fondamentalmente, è abbastanza semplice, poiché dal momento che la meta dell’evoluzione spirituale è sublimare l’ego espandendo se stessi nella Coscienza Cosmica, qualunque cosa ci conduca verso quella sublimazione è una giusta azione, mentre qualunque cosa affermi l’ego o ostacoli i nostri sforzi per sublimarlo è un’azione sbagliata. Infine, tutto ciò che prosciuga o affievolisce quegli sforzi è inazione”.
–Da L’essenza della Bhagavad Gita

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