La morte è una cosa alla quale non ci abitueremo mai, anche se è l’unica certezza che abbiamo. 
Un giorno, più o meno tardi dovremmo lasciare questo corpo, ma nonostante ciò, la morte è qualcosa che ancora ci spaventa, ci prende di sorpresa, ci pietrifica, ovviamente ancora di più quando a lasciarci sono persone giovani che inaspettatamente con un gesto o per fatalità se ne vanno, lasciando un vuoto incolmabile. La morte è un fatto alla quale penso spesso, non è tabù tra me e me.

Credo che tutti facciamo dei pensieri più o meno simili e alle volte ci capita di pensare a “quando quella persona se ne andrà” magari pensieri legati a persone più grandi di noi come genitori o nonni.
Questo, bene o male è un dolore ed un pensiero con la quale possiamo convivere perché è nella natura, insomma non siamo degli Highlander.
Ma quando i ruoli si invertono? Quando sono i più giovani ad andarsene, quando il fato gioca un gesto inaspettato e ti porta via un figlio, un fratello, un amico, un collega?
Quando a quella banale parola “ci vediamo domani” che quasi ripetiamo con noia e monotonia, segue il vuoto, il silenzio e non c’è più futuro, non c’è più domani o un dopo per quella persona perché il giro di giostra è finito, allora iniziano le domande, iniziamo a cercare responsabilità, colpe, i perché, quesiti inutili che servono solo a cercare di colmare un vuoto troppo grande e troppo inaspettato perché “se l’avessi saputo” chissà cosa avrai detto, chissà cosa avrai fatto…

Allora perché non  iniziamo a vivere così sempre? Ogni momento potrebbe essere quello “buono” 
Noi umani siamo pazzi, dei pazzi folli, scappiamo da quello che temiamo di più, facciamo finta che non esista, non ne parliamo mai, non educhiamo i bambini a questa idea che tutto è transitorio e quando quel momento accade ci arrabbiamo verso un Dio che forse non abbiamo mai pregato e alla quale non abbiamo mai creduto.
Imprechiamo verso un destino ma è inutile nascondersi dietro ad un dito, la morte è l’unica cosa certa, eppure nonostante ciò continuiamo a sprecare la vita, continuiamo a perdere tempo, continuiamo ad odiarci gli uni con gli altri, continuiamo a litigare per futilità che rimarranno di questa terra e continuiamo a rimandare la vita che poi per certo un giorno finirà.
Invece di ringraziare la vita ogni giorno quando ci da una possibilità in più, la malediciamo quando inaspettatamente c’è la toglie, come se ci avesse promesso, che quando il gioco finiva, ci avrebbe avvertito.

Dobbiamo smetterla di fare i bambini viziati ed iniziare ad essere realisti: la morte è l’unica cosa certa e dobbiamo conviverci con questo pensiero,
ogni istante può portare via noi stessi, può portare via le nostre persone care, può portare via chi amiamo di più al mondo e allora non dobbiamo chiederci cosa c’è dopo la morte, ma cosa stiamo facendo in questa vita.
Quanto sto amando, quanto sto rispettando me stesso e le persone che mi circondano, quanto sto celebrando questa festa che da un momento e l’altro può finire senza preavviso? 

La vita è qualcosa che diamo troppo per scontato e quando poi qualche morte improvvisa ci colpisce iniziamo a diventare realisti, usciamo da quella bolla di romanticismo la quale pensa che tutto deve andare secondo i nostri piani, ma quali piani? Non siamo noi a decidere ne quando veniamo ne quando c’è ne andremo e probabilmente in tasca abbiamo già il biglietto di andata e ritorno stampato con data e orario, la libertà sta nel mezzo, in quel tempo più o meno lungo, possiamo decidere cosa fare di quello spazio, il resto sono storie.

Arrabbiarsi contro la morte è assurdo, solo perché forse non siamo stato bravi in questa vita, anche perché nessuno ci ha mai promesso l’immortalità.
Bisognerebbe invece iniziare a fare amicizia con questa morte fisica, perché prima o poi ci dobbiamo arrivare tutti e forse se non fosse cosi tabù nei nostri discorsi, se non fosse cosi misteriosa accetteremo di più quando quel momento arriverà.
Dovremmo capire che quando salutiamo qualcuno potrebbe essere un addio per sempre invece che dare per scontato un altro incontro.
Dovremmo parlare con le persone come se quelle fossero le ultime parole che possiamo dirle.
Dovremmo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo perché non è cosi certo poi che il giorno dopo ci risveglieremo, ma forse a questa morte non ci abitueremo mai e continueremo a sprecare giorni, ore, minuti secondi, forse a questa morte non ci faremo mai l’abitudine anche se sappiamo che prima o poi tutti dobbiamo passare di li.

Forse a questa morte non ci abitueremo mai, sapete perché? Perché niente e nessuno muore veramente, alla morte non ci abitueremo mai perché anche se il corpo se ne va, tutto il nostro essere continuerà ad esistere nello spazio e nel tempo per sempre fino all’eternità.
A questa morte non ci abitueremo mai perché l’immortalità dell’anima fa parte della nostra natura, allora quello che possiamo fare è iniziare a pensare che non siamo solo il corpo, possiamo iniziare a concepire una dimensione più sottile, più profonda e più reale che ci appartiene ed è in quella che dovremmo investire tempo e ascolto, perché è da li che veniamo ed è li che ritorneremo.
Forse è il più il concetto di eternità che ci spaventa e che la mente umana non riesce a concepire perché limitata e mortale proprio come il corpo che è solo l’involucro momentaneo di quel infinito essere che siamo.

Villadossola, 2 Aprile 2018