Chissà, forse torneremo alla vita semplice,
a quella dei contadini,
della musica dai balconi,
a quella vita in cui si sentivamo gli schiamazzi dei ragazzini per le strade,
al profumo del sugo alle undici di mattina.
Chissà, forse torneremo alla vita semplice,
a quella dei mercati,
alle domeniche di festa, seduti insieme, attorno ad un tavolo.
Forse torneremo a sentire il profumo dei gelsomini,
alle lettere scritte a mano,
alla libertà di fare, senza doverlo rendere pubblico e social.
Forse torneremo davanti al fuoco,
a raccontarci storie, a sentire canzoni, a suonare la chitarra.
a ballare nelle balere e nelle piazze, come se non ci fosse un domani.
Forse torneremo alla natura, come imperatrice, e non come qualche cosa di cui abusare.
Forse torneremo a camminare scalzi sull’erba umida, senza paura di bagnarci i piedi.
Chissà, forse torneremo ai telefoni con i fili,
ai saluti con le mani vere e non più con gli emoji,
ad incontraci per caso, e non perché l’abbiamo programmato, con dieci messaggi e quattro vocali.
Forse torneremo alla vita, per quella che è:
colorata, profumata, sporca, semplice.
Forse torneremo ai maglioni fatti a mano, ai calzini bucati, al profumo dei panni stesi al sole e non nell’asciugatrice,
alle unghie sporche, ai capelli grigi, alle inevitabili rughe, che dopo i quarant’anni iniziano a vedersi, e non più alle bocche rifatte, volgari, fuori luogo, fuori tempo.
Torneremo a cucinare, con il fuoco, e non con il bimby o con la vaporiera elettrica.
Forse torneremo alla vita, alla vita vera, fatta di sorrisi, lacrime, sacrifici, paure, incertezze, amore, sguardi, tocchi, parole.
Forse torneremo a quella vita fatta di sussurri, sudore, voglia di fare l’amore, di incontri reali, di corteggiamenti veri.
Chissà, forse torneremo a vivere, come hanno vissuto i nostri nonni, a ritmo delle stagioni, alla contemplazione del cielo, all’ascolto del vento, dei tuoni, alla sveglia presto e alla cena non più tardi delle sette.
Forse torneremo a coltivare la terra, con rispetto, reciprocità, con tenerezza, verso quei germogli, che hanno la stessa bellezza di un bambino appena nato.
Forse torneremo a consumare ciò che è necessario,
al pane secco, al minestrone, alle patate bollite, ai gnocchi fatti a mano,
alle porte di casa, lasciate aperte.
Forse torneremo a bagnarci nei fiumi, a baciarci dietro ai cespugli,
a soffiare sul tarassaco e rimanerne incantati.
Chissà, se torneremo a fare m’ama o non m’ama, con i petali delle margherite, alle pagelle cartacee,
a scrivere con la penna stilo, a cancellare con la gomma.
Forse torneremo a leggere libri veri, di carta,
ad usare le saponette, ad asciugare i capelli al vento.
Forse torneremo a dare qualche sculacciata,
a piangere, ad urlare, a ridere a squarcia gola,
forse toneremo a sentire l’emozioni, a stare all’aria aperta,
e forse così, non avremmo più bisogno dello psicologo.
Forse torneremo alla vita.
Parlano di recessione sai,
recedere, tornare indietro,
tornare alla vita per quella che è, vera, semplice.
Radhika Ivanka
Casa, 21 Marzo 2020